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La Divina Commedia in musical al Verdi di Firenze – Nove da Firenze

Giuliani (Vice Presidente Consiglio comunale): “La meraviglia di Dante è la sua stessa opera”
Una versione della Divina Commedia unica nel suo genere con proiezioni immersive in 3D che coinvolgono il pubblico e lo portano a contatto con il padre della lingua italiana. Un nuovo appuntamento per celebrare i 700 anni dalla scomparsa di Dante Alighieri. Al teatro Verdi di Firenze dal 18 al 20 febbraio “La Divina Commedia Opera Musical” propone potenti effetti tecnologici di luci e proiezioni per il racconto delle tre cantiche.
“È giusto tramandare La Divina Commedia e la vita di Dante anche attraverso altre forme di arte. Non basta più leggerlo. Come ci hanno insegnato le celebrazioni che ci sono state nel corso dello scorso anno – spiega la vice presidente del Consiglio comunale Maria Federica Giuliani – la meraviglia di Dante è la sua stessa opera e la sua eredità rimane sempre viva ed attuale”.
Prodotto da Mic Musical international company, per la regia di Andrea Ortis, che assieme a Gianmario Pagano ha curato anche i testi, lo spettacolo vede le musiche composte da Marco Frisina e la voce narrante di Giancarlo Giannini. L’edizione 2021-2022 è arricchita da varie novità a completamento di testi innovativi e quadri scenici realizzati e pensati dal regista e dal team creativo per rendere l’opera musical un moderno kolossal teatrale.
Oltre due ore di spettacolo, in due atti, più di 200 costumi e 70 scenari. Una riscrittura fluida dei versi e delle storie più toccanti del poema per rendere più semplice ed immediata la sua totale comprensione.
© 1997-2022 Nove da Firenze. Dal 1997 il primo quotidiano on line di Firenze. Reg. Trib. Firenze n. 4877 del 31/03/99.
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Una Settimana con Steve Mccurry Monica Guerritore ei Migliori Concerti Live le Migliori Performance della Settimana Senza Dimenticare l Arte a L'Aquila e dintorni – Virgilio Notizie

Aperitivi e chiacchiere al caffè Nemorense: Torna Be Pop! – La Nouvelle Vague Magazine

Torna al Parco Virgiliano di Roma Be Pop! Senza perdere l’amore, una serie di appuntamenti live per chiacchierare davanti a una fresca bottiglia di birra su diversi temi di attualità, letteratura, musica e teatro, con ospiti interessanti provenienti da diversi ambienti.
Sono 8 gli appuntamenti ad ingresso libero davanti al caffè Nemorense, dal 16 giugno al 1° luglio tutti ad orario aperitivo, 19.30. Gli incontri sono organizzati dall’Associazione Be PoP! e promossi da Roma Culture per il programma dell’Estate Romana 2021, con il patrocinio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati e del Municipio Roma II.
Al parco tra amici e personaggi influenti si spazia dai temi più impegnati come gli eventi di Genova 2001, a riflessioni profonde sul senso della vita. Uno sguardo di approfondimento anche sulla questione dei rifugiati, una chiacchiera spassionata sulla pandemia che ci ha colpiti, un approccio a temi più austeri con il direttore dell’agenzia delle Entrate, ma sempre con un sorriso sulle labbra ricordando il celebre Totò con “E io pago!”, un racconto della periferia e, infine, una voce per la campagna di sensibilizzazione “Il ciclo non è un lusso”.
Occasioni di discussione e interazione sociale in versione face to face che molto ci è mancata nell’ultimo periodo! Sempre con rispetto delle norme di sicurezza previste per eventi all’aperto.
Il linguaggio è leggero, ma piccante e gli ospiti di eccezioni mettono a disposizione i loro interventi, le loro esperienze e conoscenze per rendere gli incontri un momento di circolazione di idee e contenuti per un dibattito costruttivo, in un’atmosfera estiva tra sorrisi e riflessioni.
Noi eravamo presenti lunedì 21 giugno alla presentazione del podcast di Internazionale su Genova 2001 con Annalisa Camilli e Giovanni De Mauro per riprendere quegli eventi che hanno acceso l’attenzione su questioni di primaria importanza, tra diritti umani e reati tardivamente riconosciuti dall’ordinamento. L’uso della forza, la “disobbedienza civile “, le rivendicazioni altermondialiste sono tutti temi attuali toccati con un occhio vicino e critico dagli ospiti di Be Pop!, in un approccio inclusivo e interattivo che ha dato luogo ad un interessante scambio di idee tra i presenti.
Bello anche l’incontro con Luigi Manconi e Vincenzo Paglia su “Il senso della vita”, libro pubblicato per Einaudi editore, in cui il protagonista è l’intreccio tra due concezioni della vita a volte terribilmente distanti, altre volte legate verso la giustificazione delle scelte nella vita quotidiana: il mondo secondo la concezione religiosa e la realtà immersa nella società e nella concretezza.
I prossimi incontri si svolgeranno:
Mercoledì 30 giugno – Raccontare la periferia
Un doppio appuntamento, il primo alle 19.30 con Floriana Bulfon (giornalista, autrice di Casamonica, la storia segreta), Salvatore Monni (economista dello sviluppo, università Roma Tre, autore di Le sette Rome) e Domenico Chirico (Fondazione Charlemagne, programma Periferiacapitale), cui seguirà alle 21.00 l’incontro con Domenico Iannacone (Rai 3) – Che ci faccio qui. Racconti dalle periferie.
Giovedì 1° luglio – Il ciclo non è un lusso (ma è ancora un tabù)
Un’incursione teatrale di Giulia Maulucci (attrice), che leggerà brani tratti da Perfetta di Mattia Torre, cui seguirà l’incontro con Silvia De Dea e Carolina Faccini (collettivo Onde rosa), e per finire l’incursione musicale di Giancane e Alessandro Pieravanti alle 21.30.
Noi saremo lì con un bicchiere di vino ghiacciato e tante chiacchiere da recuperare!




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"La Divina Commedia Opera Musical" al Teatro Arcimboldi dal 4 al 6 febbraio – Sky Tg24

Oltre due ore di spettacolo, in due atti, più di 200 costumi e 70 scenari. Lo show prosegue il tour nei teatri italiani e arriva a Milano per tre giorni. Tra realtà aumentata e danze acrobatiche senza, ovviamente, toccare la sacralità del racconto
 
Il più complesso racconto dell’animo umano, della sua miseria e della sua potenza, tra vizi, peccati e virtù che non conoscono l’usura del tempo, prende la forma dello spettacolo di voci, danze e tecnologia in un allestimento straordinario: La Divina Commedia Opera Musical è in scena a Milano dal 4 al 6 febbraio prossimi. Un’opera che ha vinto la Medaglia d’oro dalla Società Dante Alighieri e per ben due il titolo volte di Miglior Musical nelle edizioni del 2019 e 2020 del Premio Persefone. 
Inferno, Purgatorio e Paradiso: proiezioni immersive in 3D inondano il pubblico e lo immergono nell’immensità sublime che solo il padre della lingua italiana ha saputo creare nelle tre cantiche. E in questo viaggio teatrale, dove la tecnologia è elemento essenziale della narrazione, tutti gli spettatori, anche i più giovani, possono ammirare, comprendendola appieno, la grandezza del Sommo Poeta.
Per la regia di Andrea Ortis, che assieme a Gianmario Pagano ha curato anche i testi, con le musiche composte da Marco Frisina, interpreti eccezionali danno vita ai personaggi più emblematici, unici ed eterni del poema dantesco: Antonello Angiolillo (Dante), Andrea Ortis (Virgilio), Myriam Somma (Beatrice), Noemi Smorra (Francesca, Matelda), Angelo Minoli (Ulisse, Catone, Guido Guinizzelli), Mariacarmen Iafigliola (Pia dei Tolomei, La donna), Antonio Melissa (Caronte, Ugolino, San Bernardo), e Antonio Sorrentino (Pier delle Vigne, Arnaut). Il corpo di ballo acrobatico, guidato dal capoballetto Mariacaterina Mambretti, è come un’onda che avvolge il racconto. Tutt’attorno, una realtà aumentata dà al passato la sostanza del presente. 
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Il teatro in Italia riparte dai musical – Panorama

Notre Dame de Paris celebra i suoi primi 20 anni in Italia e per festeggiare l’esordio sulle scene italiane torna in tour con il cast originale. Un segnale forte per il settore, uno dei più colpiti dalla pandemia, che grazie ai musical sembra trovare nuova linfa vitale.
«Benvenuti a teatro. Dove tutto è finto ma niente è falso». A pronunciare questa frase è stato Gigi Proietti, immenso attore di formazione teatrale che ha regalato alla città di Roma il Globe Theatre, fedele replica del più famoso teatro del periodo elisabettiano, situato nel cuore di Londra.
Si può dire che l’intera storia dell’umanità sia legata al teatro. Sappiamo per certo che anche i popoli primitivi mettevano in scena vere e proprie rappresentazioni, per narrare a una platea più o meno ampia, fatti della quotidianità o eventi di particolare rilevanza, come la fine della notte polare per gli eschimesi. Per noi il teatro è poi quello di Livio Andronico, di Plauto e di Seneca, e dopo ancora quello di Niccolò Machiavelli, Ludovico Ariosto e Torquato Tasso.
Teatro è la Commedia dell’Arte del XVI secolo con i personaggi comici di Carlo Goldoni, ma anche il teatro verista di Giovanni Verga e le meravigliose opere liriche di Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini e Giacchino Rossini.
Oggi, il teatro è anche musical, una particolare forma di esibizione che combina dialoghi recitati, canto e danza. E nonostante la musica sia stata parte del teatro sin da tempi antichi, questa particolare corrente artistica trova il suo sviluppo oltreoceano a partire dal XIX secolo. In Italia, il musical arriva soltanto negli anni Cinquanta, sotto forma di «commedia musicale», grazie al lavoro di Pietro Garinei e Sandro Giovannini. Sono loro i due successi come Aggiungi un posto a tavola e Rugantino.
Ed è a un altro grande artista italiano che si deve la nascita di uno dei musical di maggiore successo a livello mondiale. Riccardo Cocciante è infatti la mente creativa dietro Notre Dame de Paris, che quest’anno celebra 20 anni dal suo debutto in Italia. Per onorare questo importante traguardo, lo spettacolo sarà in tour per tutto il 2022 e avrà come protagonista l’intero cast originale del debutto.
Notre Dame de Paris
«Sono trascorsi 20 anni dalla prima rappresentazione italiana ma la forza, la maestosità e la grandezza di quest’opera popolare sono quelle del primo giorno» ha raccontato Cocciante durante la presentazione del nuovo tour. «Notre Dame de Paris parla dell’anima umana, che è eterna e soffre, ieri come oggi, per amore e per le ingiustizie. La forza del musical proviene però anche dal pubblico che continua ad appassionarsi alla storia di Esmeralda e Quasimodo, due diversi che lottano per essere amati e amare».
Notre Dame de Paris racchiude un’alchimia unica e irripetibile, 20 anni di musiche, danze e acrobazie che hanno emozionato il pubblico e reso lo spettacolo uno dei più amati, superando le presenze dei più grandi live della musica rock e pop. Dal 2002, Notre Dame de Paris è stato visto in 47 città per un totale di 159 appuntamenti e 1.346 repliche complessive. Secondo l’impresario e produttore visionario David Zard: «Questo progetto è entrato nel dna degli italiani. Il nostro paese non aveva mai visto tanti spettatori e repliche per un musical prima. Notre Dame de Paris non solo ha detenuto ogni record di pubblico in Italia, ma ha rivoluzionato la scena dello spettacolo nel nostro Paese».
Il musical vuole essere «un inno di rinascita per tutti», dopo anni difficili a causa della pandemia. Secondo l’Annuario dello Spettacolo 2020 stilato dalla SIAE, il teatro ha subito una perdita del 64,68% nel primo anno di pandemia. Il musical è stato poi costretto a uno stop totale dopo il mese di febbraio, portando così il totale di spettatori a un misero 505.000. Nel 2020, iIl pubblico ha speso per l’acquisto di biglietti e abbonamenti 12,4 milioni di euro, con una diminuzione del 74,80%.
Incoraggiano gli 80.000 biglietti venduti nel 2021 per Pretty Woman, il musical ispirato all’iconica pellicola andato in scena a Milano al Teatro Nazionale. In una nota, il direttore generale della struttura, Matteo Forte ha dichiarato: «Questi numeri sono un segnale forte e importante verso tutti coloro che, come il sottoscritto, ritengono che il virus possa essere fronteggiato con misure chiare e puntuali che garantiscono sicurezza al pubblico».
Forte lancia però anche un messaggio chiaro al governo, auspicandosi che quest’ultimo «non lasci soli i teatri con gli aumenti delle bollette e dell’energia elettrica».
Intanto, il calendario di musical per la stagione si mostra ricco e ambizioso. alla Fabbrica del Vapore di Milano, fino al 30 gennaio andrà infatti in scena Alice! In Wonderland uno spettacolo di noveau cirque unico nel suo genere, fatto di acrobazie e costumi incredibili, giochi di luci e musiche evocative. Terminerà il prossimo 10 aprile a Bari, il tour del musical tratto dal film Ghost con Mirko Ranù, Giulia Sol e Gloria Enchill nei ruoli principali.
A febbraio, grazie a Musical Time, torna in Italia anche Spring Awakening, il controverso rock musical vincitore di numerosi Tony Award, basato sull’opera di Frank Wedekind. E ancora Aladin (al Brancaccio di Roma), La piccola bottega degli orrori (al Metropolitan di Catania) e l’amatissimo Grease, portato ancora una volta in scena dalla Compagnia della Rancia, con la regia del grande Saverio Marconi.
Il mese di ottobre sancirà poi il ritorno del Rocky Horror Show, che darà il via al suo tour con 12 date al Teatro Arcimboldi di Milano.
Il Re Leone, La Bella e La Bestia e Aladin. Ma anche La La Land, A Star is Born e Bohemian Rapsody. Il musical non è solo una scommessa vincente per il teatro ma anche per il grande schermo. I sei titoli elencati sono riusciti a incassare in totale oltre cinque miliardi e mezzo.
E mentre si aspetta l’arrivo del nuovo film di Baz Luhrmann (Il Grande Gatsby, Moulin Rouge) dedicato alla vita di Elvis – di cui negli scorsi abbiamo avuto il primo assaggio – nelle sale italiane, tra un supereroe e l’altro, compare anche il remake di West Side Story firmato da Steven Spielberg.
«Si tratta probabilmente del film più arduo della mia carriera. West Side Story vanta quella che è forse la più grande partitura musicale mai scritta per il teatro e ognuno di noi ne è assolutamente consapevole» ha dichiarato il regista.
Le vicende del nuovo film si svolgono nell’estate del 1957 nelle strade di due quartieri confinanti dell’Upper West Side, ovvero Lincoln Square e San Juan Hill. All’epoca, Lincoln Square era abitata dai discendenti di coloro che erano emigrati negli Stati Uniti durante il XIX secolo, prevalentemente dall’Europa. Gli abitanti di San Juan Hill, invece, erano principalmente portoricani che avevano preso parte all’immigrazione di massa avvenuta in seguito alla Seconda Guerra Mondiale.
A causa della distruzione di questi quartieri, quasi tutti gli abitanti dell’area furono costretti ad abbandonare le loro case. Per la maggior parte, la città spostò i discendenti dei primi immigrati europei e gli ultimi arrivati ispanici da un’altra parte. Il trasferimento di queste popolazioni e l’effetto di questo spostamento sui quartieri sono un elemento cruciale nella sceneggiatura. Nella sua rivisitazione, Kushner disegna un ritratto multidimensionale di ciascun personaggio, creando storie individuali che motivano le loro azioni. Spingendosi ancora più oltre, Spielberg e Kushner hanno completamente reimmaginato un personaggio – il gentile droghiere Doc – trasformandolo nella sua vedova, una premurosa donna portoricana che fa amicizia con il giovane Tony. Fin dall’inizio, questo ruolo è stato scritto per Rita Moreno, che si è unita al progetto anche in qualità di produttrice esecutiva.
Grazie a Magazzini Salani, per celebrare il ritorno sullo schermo di West Side Story, il musical si trasforma anche in un libro scritto da Irvin Schulman, uno tra gli scrittori e sceneggiatori più celebri della sua generazione, autore di molti soggetti adattati per il cinema che nel 1961 ha firmato il romanzo originale di West Side Story.

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Gravina contro Draghi, soldi alla cultura e non al pallone. Ma dalla Figc parte una mail: tutti alla Divina Commedia Musical – Storiesport

INDISCRETO
Un inferno, il calcio italiano. Affondato com’è in una bolgia gigantesca, oscura, melmosa: debiti e deroghe, protocolli che nascono e muoiono all’alba. Incapace di fissare regole, di trovare una visione. Travolto da prebende e illeciti, risse e ricorsi. Deferimenti e inchieste (federali) giacciono sotto la polvere in via Campania a Roma mentre inchieste e indagini sono al vaglio di svariate Procure (Roma, Milano, Torino, Perugia e altre) della Repubblica. La polvere e il fango hanno completamente avvolto il pallone italiano. Sgonfio, il cuoio è diventato uno straccio. Non ha appeal all’estero, non è più credibile nemmeno agli occhi di chi aveva appoggiato, fiancheggiato e favorito il nuovo corso. “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita”. Se potesse avere un attimo di respiro, il presidente federale Gabriele Gravina declinando i primi versi della Divina Commedia s’accorgerebbe di ritrovarsi proprio lui lì e così: in una selva oscura, la diritta via smarrita. All’inferno.
Promesse e filastrocche. “La partita per il futuro”: era questo il titolo del suo programma elettorale, la promessa di rinnovamento e riforme che avrebbe dovuto traghettare il calcio italiano dal limbo al paradiso passò con il 73% dei voti appena un anno fa. Il libro dei sogni era di 132 pagine: nemmeno un punto è diventato realtà. Niente. Tutta colpa degli altri però. Colpa dei presidenti che si oppongono alle riforme, delle Leghe che coltivano solo interessi personali, dei magistrati e della Consob che non capiscono come le plusvalenze non siano un artificio, del virus che ingrato s’è abbattuto sul pallone italiano, della Svizzera che non s’è scansata davanti alla nazionale di Mancini, degli stranieri che non consentono agli italiani di crescere, dei procuratori che ingordi incassano provvigioni esagerate, degli arbitri che tremano col fischietto. Soprattutto è colpa del Governo, che non vuole riconoscere miliardi e ristori, che non cancella le imposte e non differisce con termini ancor più dilatati il pagamento delle tasse. Lui ci prova, urla, ma niente. Mentre persino Malagò si sfila c’è Draghi che continua a non sentirci, la Vezzali anche. Sempre più debole, isolato, persino qualche suo grande elettore ha cominciato a smarcarsi. Gravina l’ha capito, resta tenacemente aggrappato alla speranza che la Nazionale conquisti i Mondiali, altrimenti il suo destino in via Allegri – come già successo per i suoi predecessori – sarebbe segnato: intanto incrocia le dita e continua nella filastrocca. Nella litania. Da settembre in poi sempre la stessa, nell’ultimo mese ormai è diventata un martellamento. “Perché il Governo concede i ristori al mondo dello spettacolo e della cultura e al calcio no?”. Lo dice lui, poi lo dice il suo vice-presidente federale (e presidente di Lega A) Dal Pino, poi lo dice Cairo e lo scrivono i suoi quotidiani, poi lo dice il consigliere di Lega Scaroni e poi lo dice l’amministratore delegato della Lega A Luigi De Siervo, stipendio da 800mila euro l’anno più bonus che ha appena messo sul tavolo questa proposta, «i giocatori dovrebbero rinunciare almeno ad un mese dei loro emolumenti, non possono girarsi dall’altra parte mentre la barca affonda». Un chiodo fisso. A turno, a testa. Ogni santo giorno. «Se i ristori non arrivano? Non può accadere. Il calcio traina l’economia, coinvolge dodici settori merceologici diversi, vale una percentuale importante del pil e produce un gettito fiscale di oltre un miliardo. Merita almeno la stessa dignità di settori come cinema e teatro. Ci aspettiamo almeno un miliardo, si tratta di mettersi d’accordo solo sulle modalità». Così s’era espresso due giorni prima dell’ultimo decreto del Governo in un’intervista al Corriere dello Sport. Niente, nemmeno stavolta. Solo le briciole. Anzi, nemmeno quelle. Eppure Gravina lo sa: per il calcio non è il momento di chiedere soldi, i fondi non ci sono, ci sono settori economici e sociali che ne hanno realmente bisogno e poi ha già avuto grazie a quel comma nella Legge di Bilancio di fine anno. Lo sa bene che non è musica e non è aria: il presidente federale ha canali assai privilegiati con i quali poter interloquire. Il procuratore capo della Figc è Giuseppe Chinè che è capo gabinetto del Ministero dell’Economia, il giudice sportivo della serie A è Gerardo Mastrandrea che è il capo dell’Ufficio Coordinamento legislativo del Mef. Due figure apicali al Ministero di via XX Settembre. Perché continuare allora nella logorante filastrocca? Chi lo conosce a fondo, ne disegna la tattica: “È il modo di Gravina di mollare la responsabilità sugli altri. Lui annuncia i ristori che poi non arrivano: così pensa di scaricare le colpe sul Governo, sul premier, sul ministro Franco e sul ministro Speranza, sulla Vezzali. Lui ci prova sempre, sempre a buttare la palla dall’altra parte”. Un saggio cinese disse, secoli fa: “La tattica senza strategia è la via più breve per la sconfitta”. Intanto in Italia la palla continua a tornare indietro, nella metà campo Figc. Affilata e pericolosa, come un boomerang.
La lettera, la mail, l’invito. È successo un’altra volta. Dopo l’ultimo smacco. L’altro ieri Gravina ha preso carta e penna e su carta Figc ha scritto in tarda serata al sottosegretario allo Sport Valentina Vezzali una lettera, protocollata col numero 11313/presidenza. Oggetto: richiesta istituzione tavolo tecnico, individuazione misure di ristoro sistema calcio. “Illustre sottosegretario, cara Valentina, in spirito di leale collaborazione ritengo necessario e opportuno…”. E via così, la solita solfa: i numeri della crisi del calcio professionistico, l’impatto del Covid, i mancati ricavi. Poi, l’invasione di campo, come non gli fosse bastata quella di settembre quando aveva deciso di sospendere versamenti e adempimenti fiscali (leggi qui), correggendosi poi con la “sospensione” dei controlli Covisoc. Niente.Gli sforzi da te compiuti non sono stati sufficienti a indurre il Legislatore a dare una compiuta risposta alle emergenze del sistema calcio, ti chiedo di costituire un tavolo tecnico con tutti i Ministeri coinvolti, a partire da quello dell’Economia per individuare i necessari e non più procrastinabili interventi di ristoro”. Attenta, veloce e decisa così come quando era una tigre in pedana, la stoccata di Valentina Vezzali è arrivata. Subito. A fondo. La firma digitale, la penna su carta intestata “Presidenza Consiglio dei Ministri, sottosegretario allo Sport”. “Caro Presidente, caro Gabriele. Condivido le preoccupazioni che riporti…”. Dopo aver sottolineato come siano numerosele criticità e le difficoltà del mondo dello sport” (dunque non solo il calcio come vorrebbe Gravina), dopo aver sottolineato comeil confronto debba avvenire per attuare una riforma strutturale di tutto il comparto sportivo(dunque aiuti sì ma in presenza di riforme serie e garanzie), ha ricordato comegli interventi del Governo hanno prodotto ossigeno per tutto il settore, come ad esempio la disposizione inserita nella Legge di Bilancio che prevede la sospensione dall’1 gennaio al 30 aprile 2022 dei versamenti delle ritenute fiscali e previdenziali”. Dunque: avete già avuto un aiuto concreto, rinviare il pagamento delle tasse e delle imposte. Quanto ai ristori, non sempre i conti tornano, persino sui tamponi (leggi qui). Basta lamentele e colpi bassi. Tocca a voi adesso fare le riforme. È un copione che va avanti da mesi, da luglio. Gravina scrive, chiede soldi, promette interventi e riforme, ma poi nulla. È da luglio poi che ha preso una sonora scoppola, quel progetto Fenice raffazzonato: bocciato senza appello, anzi accartocciato (leggi qui). Adesso la lettera della Vezzali che si conclude contutti insieme dobbiamo remare dalla stessa parte con leale spirito di collaborazioneè arrivata ieri sera sul tavolo del presidente federale. Oggi Gravina è impegnato in nuovo consiglio federale nel quale dovrà affrontare le tante richieste delle società e delle Leghe, non ultima la disperata richiesta della Lega B (leggi qui). Perché l’inferno continua. Servirebbe un momento di svago per tutti, magari servirebbe ripassare tutti insieme i versi della Divina Commedia. Un’opera senza tempo. Se poi fosse tradotta in un musical contemporaneo, ancora meglio. Deve esser forse per questo che proprio in queste ore da un ufficio di via Allegri è partita una mail indirizzata alla casella di posta elettronica di tutti i dipendenti Figc, dei dirigenti, dei consiglieri federali. È un invito.Abbiamo il piacere di informarvi che è possibile acquistare a un prezzo agevolato i biglietti dello spettacolo “La Divina Commedia – Opera Musical” al Teatro Brancaccio di Roma”. Lo spettacolo è prodotto e realizzato dalla “MIC srl”, ovvero Musical International Company: la società ha la sede sociale a piazza Buenos Aires a Roma, la società fa parte della capogruppo “Gruppo Gravina” fondata da Gabriele Gravina e nella quale hanno compiti di responsabilità e conduzione – specie ora che il papà è preso da tanti impegni pallonari – i figli Francesco e Leonardo. La “Mic srl” da oltre dieci anni produce questo kolossal in forma di musical, è una produzione che ha crediti e sponsor di rilievo, è uno spettacolo – si legge – che “a oggi ha avuto più di un milione di spettatori, e oltre 500.000 studenti hanno potuto vedere il capolavoro di Dante Alighieri. La collaborazione con il tre volte premio Oscar Carlo Rambaldi, il creatore di E.T., ha permesso a quest’opera di avere un largo successo di pubblico ed a conseguire importanti premi come la medaglia d’oro della Fondazione Dante Alighieri ed il premio musical dell’anno nel 2008”. È uno spettacolo che porta e promuove nei teatri, nelle piazze, nelle scuole, la cultura. La Divina Commedia di Dante, lo scorso anno 700 anni dalla nascita.
Lo spettacolo, gli intrecci, gli sponsor e la mascotte. Anche la “Divina Commedia-Opera Musical”, come tutte le produzioni italiane di cultura e spettacolo, ha sofferto e sta soffrendo per il periodo. Teatri e scuole chiuse, tanti appuntamenti rinviati, saltati. È un settore che ha per questo ricevuto sostegni e ristori dal Governo. Dovrebbe saperlo bene Gabriele Gravina che intanto chiede soldi per il suo pallone col solito paragone. «Perché alla cultura sì e a noi no». Non si vive di solo calcio, però. La cultura è importante. Anche la “Mic srl” non si ferma, va avanti. Il cartellone è pieno di appuntamenti in tutta Italia (è saltato quello previsto a Brescia tra qualche giorno), è invece ancora in agenda quello a Roma. Dall’1 al 6 marzo, al teatro Brancaccio, prezzi dai 49 ai 17 euro, prezzi agevolati c’è scritto nell’invito spedito dall’indirizzo mail di un ufficio della Figc e girato – per conoscenza anche alla segreteria della presidenza – a tutti i dipendenti, i dirigenti e i consiglieri Figc. L’opera ha il patrocinio della società DA Dante Alighieri, ha il sostegno del Mic (direzione generale spettacolo) che è un dipartimento del Ministero dei Beni Culturali, ha come sponsor la Tim, come media partner Radio Italia, come Educational partner Poste Italiane e la Bnl, come vettore ufficiale Frecciarossa, come city partner Ali Lavoro. Curiosamente, rileggendo i nomi degli sponsor e dei partner commerciali della Figc, se ne ritrova qualcuno in comune con la federazione. È il caso della Tim, è il caso di Poste Italiane, è il caso di Radio Italia, è il caso di Ali lavoro. È persino il caso di Frecciarossa, partner ufficiale della Supercoppa appena giocata a Milano tra Inter e Juventus, disputatasi appena qualche giorno prima che la capienza negli stadi venisse ridotta a cinquemila presenze accogliendo così il diktat governativo, provando a barattare protocolli farseschi in cambio di ristori (leggi qui). L’impresa è una cosa seria. Come funziona lo dovrebbe sapere l’imprenditore Gravina, a capo di un gruppo (e con partecipazioni societarie) di società impegnate nel campo delle costruzioni, delle ristrutturazioni, dell’immobiliare, dell’energia e dell’ambiente, dello sport e finanche dello spettacolo. Gli impegni calcistici, la presidenza della Figc e l’ingresso nel direttivo Uefa l’hanno di certo un po’ allontanato dalla realtà imprenditoriale, anche per questioni di trasparenza. La sua testa e i suoi impegni, i suoi sforzi, sono tutti tesi al sistema calcio. Magari anche per questo ad aprile con una delibera federale il suo stipendio-rimborso è passato dai 36mila euro ai 240 mila, quasi 400mila con quello che gli deriva dall’incarico Uefa. Per anni vice-presidente e membro del comitato esecutivo della Bcc di Roma, la banca di credito cooperativo laziale, dal nulla a metà degli anni ’90 col rettore dell’Università di Teramo Luciano Russi creò il polo di studi sullo sport ad Atri, il primo in Europa, cresciuto fino a diventare un corso di laurea. Quell’esperienza riuscì a coinvolgere tanti studiosi della materia e le più alte sfere del calcio europeo, tra cui Gianni Infantino, oggi presidente Fifa. Ad Atri, il paese natiò di Roberto Renzi, romano d’azione, imprenditore nel ramo costruzioni e immobiliare, proprietario della Sambenedettese protagonista di un’estate rovente e al centro di un intrigo di cui appena due settimane fa si è occupata la trasmissione Report di Raitre (leggi qui). Curiosamente, nella scaletta della puntata che si è occupata di Claudio Lotito, era previsto anche un servizio sul caso Sambenedettese e sull’interessamento di Bucci, sollecitato e sponsorizzato dal patron laziale. Spezzone saltato in tv ma visibile sul canale social della trasmissione. Chissà perché? È la domanda che da giorni rimbalza, come da mesi invece ne rimbalza un’altra. Sempre legata a Gravina, alla Figc, alla “Mic srl” e alla sua Divina Commedia Opera Musical”, al bozzetto donato da Carlo Rambaldi (l’ideatore di personaggi e costumi per la Divina Commedia Opera Musical) a Gabriele Gravina, un pupazzo – un cucciolo di pastore abruzzese-maremmano – diventato mascotte della nazionale tra la sorpresa generale con un annuncio in diretta Rai nel programma di Amadeus sulla missione azzurra agli Europei. Per rinfrescare la memoria basta rileggere l’articolo di giugno (leggi qui), tanti a chiedersi: ma è la mascotte dell’Italia o di Gravina? Sono passati sette mesi. Quella mascotte è ancora senza nome, non è ancora in vendita. Se ne sta in una teca mentre il calcio italiano brucia. Mentre arde dentro un inferno. Magari, perché non farci un altro musical?
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